Valle di Susa: descrizioni di una battaglia. Seconda puntata.

On line su Galatea il reportage dalla Valle di Susa. Ecco la seconda puntata (ieri la prima)

La risposta
Luglio mette in campo due grandi manifestazioni di protesta (50 mila, secondo gli organizzatori), un attendamento stabile attorno al cantiere, scontri notturni tra attivisti e polizia. E una vivace battaglia mediatica: quotidiani e televisioni mainstream, che raccontano con dovizia di particolari la violenza di “black bloc e anarco-insurrezionalisti in assetto da guerra”, dall’altra parte l’attivismo online a diffondere una verità diversa attraverso i siti, le dirette radio in streaming, le testimonianze su Youtube di giovani – e non solo – rimasti feriti dal lancio di lacrimogeni ad altezza uomo.
Le versioni discordanti non si contano più, in questo scontro ormai ventennale tra chi sostiene che la mancata costruzione del Tav comporterà un tragico isolamento dal resto d’Europa, e il movimento di resistenza nato in questa valle, che scende dalle Alpi verso Torino, attraversata dalla Dora Riparia, dalla statale 24 del Monginevro, dalla statale 25 delMoncenisio, dall’autostrada A32 Torino-Bardonecchia e da una linea ferroviaria che dal 1871 porta alla città francese di Modane passando per il tunnel del Frejus.

Loredana

Attorno e dentro le aree di cantiere Tav della Val Susa sono schierati, quest’anno, 1920 tra poliziotti e carabinieri, per un costo di circa 185 milioni di euro. I promotori, i committenti e le imprese appaltatrici sperano di debellare manu militari la resistenza locale.
Un problema di ordine pubblico? La Torino-Lione è prima di tutto una divaricata analisi della crisi, una diversa valutazione di dati e una opposta visione economica: traffico merci e passeggeri, sulla linea Tav e su quella esistente, spostamento del grande trasporto merci dalle strade alle rotaie, livelli di anidride carbonica, impatti ambientali, posti di lavoro nuovi o persi nell’agricoltura e nel turismo. Tav/NoTav è problema di una valle, di una Regione, di un’epoca.
Tra i gruppi più attivi c’è il NoTav Torino, Paolo Mattone ne fa parte dal 2002:«I francesi sono d’accordo con l’opera, a parte alcune piccolissime associazioni. Lì è previsto l’acquisto – a prezzo di mercato – degli immobili entro i 150 metri dalla linea, mentre le ferrovie italiane limitano l’acquisto sostanzialmente agli edifici da abbattere» e questa è solo la 94esima delle «150 ragioni contro la Torino Lione» raccolte nel libretto omonimo uscito «per i 150 anni dell’Unità d’Italia e i 20 anni del movimento No Tav». Il libro è curato da Mario Carvagna (master invalutazione di impatto ambientale al Politecnico di Torino e di Losanna), sul fondo bianco della cover il titolo in rosso e verde e la bandiera No Tav che sventola a un orizzonte di monti innevati.
Per i francesi, non un problema. Ma non sarà che lì hanno uno Stato efficiente e ragionevolmente puntuale e i cittadini credono a quello che dice?

Luca

«Un intervento di questo tipo deve essere discusso con la popolazione, non ridotto a questione di ordine pubblico» ripete Ezio Bertok, sempre del NoTav Torino, mentre cammina con bandiera e megafono «intorno a quest’opera si muovono interessi di grandi gruppi industriali e anche la criminalità».
La Valle – meta turistica da sempre – è blindata, occupata. Alle tante mostre estive si accede per inviti controllati all’entrata. L’assessore alla Cultura di Chiomonte, Cristina Uran presenta le dimissioni perché il civico Museo archeologico è diventato una base logistica della Polizia. I turisti che salgono all’arco romano di Susa ci trovano sotto un blindato dei Carabinieri. I contadini che debbono andare alle proprie vigne, dietro le recinzioni delle aree di cantiere, si vedono contestare il porto di falcetto come ‘porto di arma impropria’:«Gli ultimi che ci hanno chiesto i documenti per entrare nei nostri campi sono stati i nazifascisti 60 anni fa».
Persino l’ultrasettantenne che si sta recando a una rievocazione storica in divisa risorgimentale – “che ne pensa del treno?” – mugugna: «No Tav…», poi, in un soprassalto identitario: «sarebbero stati contrari anche i Savoia!!».
«La Tav piace a quelli del Sestrière, albergatori incolti ma con i soldi – argomenta Luca Giunti, il guardaparco – l’autostrada, che deturpa la bassa valle, anche quella porta ai loro impianti». Occhi chiari, mani grandi, sandali da trekking e maglietta No Tav, macchina fotografica per documentare ‘dall’interno’ la protesta:«I valligiani amano il treno, strumento di comunicazione e sviluppo, grazie al treno, ci sono molti più laureati qui che nelle valli attigue, ma il Tav è un’altra cosa, la linea mista merci-passeggeri un’assurdità. Per il trasporto merci, più che guadagnare un’ora di velocità contano i costi e la certezza dei tempi. Piuttosto – vagheggia Luca – sarebbe fantastico avere ancora il trenino Fell, la ferrovia a scartamento ridotto che valicava il Moncenisio prima dell’apertura del Frejus. Sarebbe un’attrazione turistica di livello».

[Continua nei prossimi giorni su questo blog]

Il reportage completo è disponibile su Galatea.

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